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L’art. 256 comma 2 del TUA punisce i titolari di imprese ed i responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192 (Divieto di abbandono).
La medesima condotta di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti infatti è punita anche dall’art. 255 comma 1 del TUA, tuttavia, in tale caso, si configura come illecito amministrativo e non come reato, proprio perché non contemplata quale condotta posta in essere da “titolari di imprese e responsabili di enti”.
È evidente, quindi, che la differenza fra le due norme è data dal soggetto attivo che realizza la condotta.
A tal proposito rileva una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 37603 del 2021, che, richiamando una precedente pronuncia, ricorda come “rispetto all’illecito amministrativo previsto dall’art. 255, comma 1 del TUA, le condotte di abbandono, deposito incontrollato e immissione che integrano gli estremi di reato si pongono in rapporto di specialità in ragione delle peculiari posizioni soggettive sostanzialmente rivestite dai suoi destinatari, che possono essere solo i titolari di imprese, anche di fatto, o i responsabili di enti”.
Da questo punto di vista, dunque, può dirsi che l'art. 256, comma 2, d.lgs. 152 del 2006 integri gli estremi di un reato proprio, sicché, ferma la possibilità del concorso dell'extraneus, è comunque necessario accertare che la condotta sia riconducibile anche alla responsabilità del titolare dell'impresa, ovvero che quest'ultimo abbia delegato la gestione dei rifiuti di cui si tratta ad altro soggetto, il quale ne ha abbia pertanto assunto la correlativa responsabilità, ferma restando, secondo le regole generali, la possibilità che il delegante non ne sia esonerato.