di Greta Catini
La Corte di Cassazione, pronunciandosi su una fattispecie avente per oggetto la condanna per “disastro” di cui all’art. 434 c.p. di soggetti che avevano smaltito, in diverse aree non autorizzate, rifiuti speciali pericolosi, ha ricostruito i rapporti fra i due reati di disastro “innominato” (art. 434 c.p.) e disastro “ambientale” (art. 452-quater c.p.). L’introduzione del disastro ambientale all’art. 452-quater c.p., infatti, avvenuta con la legge 22 maggio 2015, n.68 ha sollevato dei dubbi in merito alla possibilità che tale norma avesse abrogato il secondo comma dell’art. 434 c.p. avente per oggetto il c.d. disastro “innominato” nel cui ambito, prima della suddetta legge, si facevano rientrare anche ipotesi criminose dannose per l’ambiente. Tuttavia, la Suprema Corte ha stabilito che la configurabilità del reato di cui all’art. 434 c.p. è espressamente fatta salva dall’incipit contenuto nell’art. 452-quater recante il nuovo delitto di disastro ambientale. Nel presente contributo, pertanto, si procederà alla disamina della Sentenza del 29 dicembre 2017, n. 58023 nella quale gli Ermellini, dopo aver analizzato il rapporto fra le due norme, sono giunti a tale principio.
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